Published on Luglio 24th, 2022 | Agostino Colla
0Incendio sul Carso: un occhio a 800 km di quota
Da oltre 7 giorni sta bruciando il Carso, e pare non ne voglia sapere di smettere. Complici le alte temperature, lo stato di forte disidratazione della vegetazione, il grande accumulo di biomassa morta e il vento che alimenta e sposta il fronte dell’incendio.
Una situazione drammatica, non solo per le comunità umane ma anche per quelle animali in un’area che ha visto una fortissima diffusione delle vegetazione arborea negli ultimi ‘60 anni. Non è però sempre stato così; infatti l’attuale situazione vegetazionale si deve ai primi impianti di pino nero (Pinus nigra), dopo diversi tentativi, avviati a inizio ‘800 in epoca austroungarica, immaginando che questi avrebbero consentito di trasformare la landa carsica in una terra fertile. Una rappresentazione dell’area ce la danno due fogli del Primo rilievo militare franceschino realizzato nel XVIII secolo, da cui si nota che solo parti limitate del territorio sono ricoperti da boschi che avevano sicuramente delle finalità produttive, di legnatico ecc.
Il pino ed altre specie arboree e arbustive come lo scotano hanno però continuato ad espandersi e densificarsi anche dopo gli anni ’50, dove con la progressiva industrializzazione le attività agro-pastorali tradizionali vennero abbandonate, arrivando fino alla situazione attuale nella quale le superfici boscate coprono gran parte del Carso (qui una disamina del prof. Poldini).
Gli incendi che sono scoppiati nell’ultima settimana, non sono i primi e non saranno purtroppo gli ultimi che colpiranno superfici boscate della nostra regione. Il cambiamento climatico sta portando ad avere condizioni di temperature sempre più estreme, i tessuti vegetali si disidratano e basta poco per innescare un incendio. Dall’altra l’antropizzazione del territorio e la presenza di infrastrutture sono ovviamente fattori che incrementano la possibilità di innesco di incendi.
Un quadro della situazione degli incendi è possibile ottenerlo usando i satelliti da osservazione terrestre. Tra questi quelli del programma europeo Copernicus, dedicato a monitorare il nostro pianeta e il suo ambiente a beneficio di tutti i cittadini europei. Il programma è coordinato e gestito dalla Commissione europea ed è attuato in collaborazione con gli Stati membri, l’Agenzia spaziale europea (ESA) ed altri enti.
Tra i vari satelliti schierati, quelli della missione Sentinel-2 consentono di osservare la Terra (semplificando) scattando tante fotografie in sequenza della superficie al fine di monitorare le aree verdi e fornire supporto nella gestione di disastri naturali. I 2 satelliti operano ad un’altezza di 786 km ruotando con orbita eliosincrona ritornando sulla stessa posizione indicativamente ogni 2-3 giorni alla nostra latitudine.
E il disastro è ben evidenziato nell’immagini in sequenza che sono rappresentate con una particolare combinazione di colori che mette ben in evidenza le aree vegetate e quelle percorse dal fuoco che appaiono invece in grigio-marrone. Addirittura è possibile vedere le aree che stanno bruciando indicate in rosso e arancione. Nella pima immagine la situazione a inizio mese, dove solo i centri abitati si notano per una colorazione tendente al grigio. Dalla seconda si nota il primo incendio sul Carso sloveno, e quindi a seguire l’involuzione in due giorni che ha portato la superficie complessiva a circa 32 km2 di area bruciata facendo una stima speditiva alla data del 24 luglio. L’incendio però non è ancora terminato.